Per un avvocato, scambiare messaggi su WhatsApp o via SMS con il proprio cliente è, o dovrebbe essere, una cosa normale.
Sono ancora numerosi, però, i professionisti che non accettano che un cliente si rivolga a loro con questo mezzo e molti di loro preferiscono servirsi di modi di comunicazione più formali perché temono altrimenti di essere coinvolti in conversazioni di lavoro a tutte le ore del giorno e della notte.
Il Consiglio Nazionale forense, che sugli aspetti e le prassi di comunicazione dell’avvocato non ha mai brillato per spirito di innovazione, ha concluso che non c’è nulla di male nell’utilizzo della messaggistica rapida. Nell’esaminare in secondo grado un procedimento disciplinare contro un avvocato incolpato di aver utilizzato a sproposito i messaggini, il CNF ha ritenuto che l’uso di WhatsApp sia corretto e consenta «una comunicazione più immediata e veloce» e «per molti aspetti, ormai rappresenta un vero e proprio metodo di comunicazione avente anche valore legale». (Sentenza n.28 del 2021 commentata anche da Il Sole 24 Ore il 26 luglio 2021).
Gli argomenti a sfavore dell’uso della messaggistica sono sostanzialmente due:
Queste posizioni di rifiuto provocano generalmente nel cliente una reazione di diffidenza, negativa per il rapporto con il legale di fiducia.
Così come la lettera è stata soppiantata dal messaggio di posta elettronica, altrettanto, o forse più velocemente, la telefonata è stata sostituita dal messaggio di testo che, a dispetto di quanto i detrattori pensino, è meno invadente e molto più efficiente, anche per la sua indubbia funzione di pro-memoria del contenuto delle conversazioni.
L’avvocato non deve far discendere dall’esigenza di rispetto del proprio ruolo una indisponibilità all’uso di strumenti che oramai sono entrati nell’uso comune.
Soprattutto non deve equivocarne l’utilizzo solo per la pigrizia di imparare a utilizzarli correttamente.
Impegnarsi ad usare WhatsApp correttamente è un investimento migliore che evitarlo dando per scontato che non sia utile o appropriato.
L’applicazione viene aggiornata continuamente e fornisce gratuitamente numerosi strumenti per chi non voglia dipenderne ma allo stesso tempo debba farne uso.
Sta all’utente scegliere l’approccio più adatto alle proprie esigenze e abitudini così da educare i clienti e gli altri interlocutori a condividere regole di comportamento.
Anche la Pubblica Amministrazione, di solito cronicamente in ritardo, si sta evolvendo. Tutti abbiamo ricevuto l’SMS dal Ministero della Salute con i dati per la somministrazione dei vaccini e i codici per il Green Pass.
Messaggiare con un cliente è di indiscussa utilità per comunicazioni dell’ultimo momento, agili e dirette tra cliente e avvocato.
Alcune funzioni consentono, meglio di altre, l’utilizzo corretto dell’applicazione di messaggistica, vediamole in sintesi.
Insieme ad altre impostazioni utili che aiutano a salvare spazio nel telefono, classificare i messaggi in ordine di importanza, archiviare le chat e creare conversazioni di gruppo, l’uso consapevole di questa applicazione (e delle altre simili come Telegram, ad esempio), consente all’avvocato di essere percepito come disponibile, contemporaneo e adeguatamente equipaggiato per rispondere a una domanda di servizi articolata e non più solo tradizionale.
Senza sottrarsi alla comunicazione diretta, sarà facile far capire a chi si spinge a chiedere una consulenza via WatsApp che questa può essere erogata solo dopo lo studio della pratica e l’impostazione di un rapporto, anche economico, tra assistito e cliente.
Dedicheremo in seguito un approfondimento sull’utilizzo di WhatsApp in funzione di broadcasting, cioè come strumento di comunicazione rivolta non ad un singolo cliente, ma a tutta la clientela attuale e potenziale.
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