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L’analisi del fatturato: passaggio decisivo della strategia di legal marketing

I risultati preziosi che ne possono emergere e l’uso strategico che si può fare di un analisi fatturato completa prodotta dallo studio e dai singoli avvocati.

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Negli studi legali, come in ogni altra organizzazione, la conoscenza dettagliata e analitica del fatturato prodotto costituisce una fonte di informazioni utilissima per qualunque analisi che stia alla base di un approccio strategico alla gestione e allo sviluppo del legal marketing. Sapere da dove proviene, come si forma, come è composto e segmentato il fatturato dello studio, se segue delle tendenze omogenee nelle sue diverse frazioni, se queste tendenze sono riconducibili a dati macroeconomici o invece conseguano ad attività e fenomeni specifici riconducibili a scelte di mercato compiute dallo studio, insomma analizzarlo e misurarlo in ogni modo è una delle attività più utili per la formazione della strategia di legal marketing dello studio.

Le reticenze degli avvocati nel sottoporlo ad analisi –reticenze che ogni consulente strategico sperimenta ai più diversi livelli- derivano, in ultima istanza, dalla consolidata attitudine degli avvocati di pensare al proprio studio come se fosse “speciale” ed estraneo a categorizzazioni o standardizzazioni, fatto questo molto lontano dalla verità. In effetti le dinamiche degli studi legali sono tutte piuttosto note e rientrano in schemi e categorie tanto quanto quelle aziendali, al netto di evidenti e ovvie peculiarità che ogni studio legale, in quanto gruppo di esseri umani, esprime. Non adeguarsi quindi a raccogliere i dati secondo uno schema utile significa condannarsi a compiere delle analisi sempre parziali o, per usare un termine in voga “spannometriche”.

Gestionale e reportistica non sono quasi mai pensati per la strategia

Non è tutta colpa degli avvocati, però. Va detto che gli strumenti software più diffusi per la gestione dello studio, da questo punto di vista presentano degli schemi piuttosto elementari che non aiutano in alcun modo la raccolta e la comprensione dei dati. Difficilmente lo studio legale riesce a produrre una reportistica che abbia un sufficiente dettaglio dei dati da sottoporre ad analisi. Se c’è un consulente ad affiancare lo studio nell’analisi strategica, è normalmente costretto a ricostruire questi dati partendo da una base piuttosto scarna che, nella migliore delle ipotesi comprende la ragione sociale del cliente, l’importo fatturato, l’avvocato titolare della pratica e la materia oggetto della lavorazione.

Nella maggioranza dei casi, lo studio (e il software), è attento a misurare le performance degli avvocati, in relazione al fatturato perché questo è uno dei principali driver utilizzato per la condivisione e distribuzione dei profitti. Non dovrebbe però essere l’unico fattore ad interessare, anzi, in linea di principio, quello che succede al denaro una volta che entra nello studio, fa parte di tutt’altra questione, anch’essa strategica, ma che attiene al profit sharing system e non propriamente al legal marketing.

Leggere il fatturato e non i fondi del caffè

Per aiutare lo studio a muovere i suoi passi sul mercato, invece è molto più utile conoscere i passaggi che quel denaro compie prima di entrare nello studio, così da comprendere come e perché ci arriva.
Il fatturato andrebbe prima di tutto, messo in relazione con il cliente che lo produce e con il settore industriale di attività del cliente. Solo di riflesso questo avrà effetti con l’area di attività (intesa come practice area, settore del diritto, da cui proviene il know how fornito dagli avvocati che hanno lavorato per produrre quel risultato).
È la storia del cliente, della sua industria, del suo mercato e, naturalmente, della sua relazione con lo studio, la questione interessante da valutare e degna di misurazione.

Il “cliente” va inteso in senso lato, non come ragione sociale, ma come la somma delle entità a cui sia riconducibile una attività omogenea. L’imprenditore in quanto tale, la sua impresa e le imprese collegate a quella, ma anche, estensivamente, le attività stimolate da quel cliente.
Per questa ragione ogni informazione relativa al contesto economico in cui il cliente si muove è utile a leggere le variazioni di fatturato.
Senza capire quali sono i problemi che attraversa chi si occupa di manifattura, industria, energia, selezione del personale, moda, rifiuti, quale che sia il settore di attività del cliente, non si capirà cosa porta il cliente a sottoporre allo studio (e non a un collega/concorrente), quel problema e che cosa si aspetta di ottenere in cambio per risolverlo.

Ponti d’oro al cliente fedele

La fedeltà del cliente può essere misurata lungo due direttrici, il tempo, da una parte e l’ammontare del fatturato prodotto, dall’altra. Le vicende di questa relazione (Fatturato prodotto da quel cliente nel tempo), sono da analizzare nella possibile relazione con lo studio. Vanno spacchettate secondo gli avvocati o i gruppi che hanno lavorato per quel cliente nelle differenti situazioni e soprattutto vanno confrontati con i dati di redditività.
E qui, come si dice, casca l’asino. La differenza tra fatturato e redditività dello studio è un dato noto solo come valore complessivo e assoluto. Tanto incassiamo, tanto spendiamo, tanto ci distribuiamo. L’incidenza delle spese sul totale dello studio andrebbe però ribaltata su ciascuna pratica, ciascun avvocato e ciascun cliente.
L’efficienza della lavorazione, la redditività di un settore, l’abilità di un team si misurano anche da questo fattore. Naturalmente non è l’unico, ma è uno dei fattori determinanti per compiere scelte che siano guidate da dati, da elementi oggettivi e non dal fiuto e dalla meta-misurazione a spanne delle performance.

In sintesi, l’analisi del fatturato rivela numerose informazioni a chi le sappia e soprattutto voglia leggere, a condizione che poi sottoponga i risultati ad uno scandaglio critico che, senza remore né infingimenti, porti a conclusioni il più possibile oggettive.