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Lo Smart Working è contagioso!

«Ho appena concluso una Skype call con una potenziale cliente che si trova in Sicilia –scrivevo qualche giorno fa su LinkedIn- Per incontrarla di persona avrei dovuto prendere 4 voli. Con molta efficacia in un’ora abbiamo parlato di tutto e ci siamo conosciute. Lo Smart Working è la modalità principale del mio lavoro, mi consente di vivere in un posto bellissimo e di viaggiare solo quando desidero farlo.

Ci sono numerose piattaforme, io uso da anni Skype per desktop perché mi consente di condividere il contenuto del mio schermo, di scambiare file e anche di comunicare via chat o inserire nelle call uno o più dei miei colleghi. Alla bisogna, la versione mobile mi permette di “essere in ufficio” anche quando sono fuori».

La bella notizia è che questa cliente da potenziale è diventata attuale e mi ha chiesto di seguirla nella pianificazione della sua attività di comunicazione e nell’ottimizzazione di una strategia comunicativa.

La modalità “Smart” in effetti si adatta perfettamente al lavoro che svolgo, ovvero all’affiancamento dei miei clienti (avvocati e studi legali più o meno grandi), nella loro attività di comunicazione e di marketing.

Non serve, infatti, incontrarsi spesso per scambiare file e idee sulle performance dello studio allo scopo di adottare strategie, né occorrono riunioni complicate per realizzare siti o implementare piani editoriali.

Serve concentrazione, abilità di pianificazione e una certa attitudine al “Multitasking”, cioè all’abilità di lavorare su più piani contemporaneamente.

Un lato negativo del lavoro da remoto è che non si hanno orari predefiniti e, se non ci si organizza con attenzione, si rischia di lavorare per tutto il giorno, senza orari.

A quanto pare la flessibilità è una dote, in questo mondo liquido, iperconnesso e ora anche infetto, quindi meglio dotarsi di buone metodologie di pianificazione e accettare che qualche giorno lavorativo sia più lungo di altri, apprezzando di converso la libertà di decidere quando essere “offline”.